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l amico ritrovato vinceL'AMICO RITROVATO - Frammenti di quell’estate del 1956

di Vincenzo Melchiorre Ricci

“L’amico ritrovato” è una storia blues che muove le corde dell’anima, raccontando situazioni dal suono genuino che, come scrive Vincenzo nel sottotitolo, sono “frammenti di vita” e, aggiungo io, schegge di saggezza. Quella saggezza contadina che svela, “l’eccezionalità della semplicità”

Roberto Centorame

112 pagine in carta patinata - Formato cm. 13x20

Il ibro può essere richiesto direttamente all'autore: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

PREFAZIONE

Quando Vincenzo mi ha inviato un messaggio, dicendomi che aveva scritto un racconto sull’amicizia e che gli avrebbe fatto piacere se l’avessi letto e, magari, se avessi potuto scrivere la prefazione: risposi senza indugio che sarebbe stato un vero piacere. Il giorno dopo mi inviò la mail col racconto. “Quanto tempo mi dai per leggerlo? Sai qui il dolce far niente porta via tempo” fu la mia mail di risposta dal Brasile. Infatti a quel tempo mi trovavo, da due mesi, in un piccolo villaggio di pescatori nei pressi di Maragogì, dove avevo riscoperto il piacere di essere padroni del proprio tempo. E Vincenzo, conoscendomi ed essendomi in questo affine, mi scrisse: “Fai con calma. Senza fretta. Prenditi il tempo che vuoi... e soprattutto continua a viverti il tuo tempo serenamente.”E così, dopo quella risposta, mentre i caldi raggi di un mattutino sole tropicale entravano dalle finestre e mi invitavano a raggiungere la vicina spiaggia: per curiosità aprii l’allegato alla mail con il racconto. Solo per dargli un’ occhiata! Ripromettendomi che l’indomani l’avrei stampato e letto, magari all’ombra di una palma di cocco. E questa intenzione fu rafforzata dal fatto che il racconto era di 46 pagine e quindi leggerlo, in quel momento, avrebbe pregiudicato la mia mattina di mare. E così, mentre mi apprestavo ad alzarmi dal tavolo e spegnere il computer per raggiungere le fresche acque dell’Oceano Atlantico, pensai di leggere giustappunto poche righe: tanto per avere un’impressione. Iniziai ma, dopo le prime righe, un nuovo sole carezzava le mie sensazioni: non quello tropicale del Brasile bensì il sole che nell’estate del 1956 accompagnò il piccolo Vincenzino tra le campagne atriane, insieme al nonno, verso il casale dei Collevecchio. Io amo viaggiare ed ho tanto girovagato ma, come dico spesso: ci sono tanti modi per viaggiare. Leggere una bella storia è un viaggio nel tempo e nello spazio, insieme a personaggi meravigliosi. E così il racconto di Vincenzo mi ha preso così tanto che, senza nessun rimpianto per la spiaggia perduta, l’ho letto tutto d’un fiato o meglio: tutta d’un sorso, come un buon bicchiere di vino rosso dal sapore deciso e  il profumo delicato. “L’amico ritrovato” è una storia blues che muove le corde dell’anima, raccontando situazioni dal suono genuino che, come scrive Vincenzo nel sottotitolo, sono “frammenti di vita” e, aggiungo io, schegge di saggezza. Quella saggezza contadina che svela, come scrive il narratore ad un certo punto, “l’eccezionalità della semplicità”!Il narratore ci accompagna, con parole che ci prendono per mano, nei ricordi della sua infanzia e ci fa conoscere un mondo che, purtroppo, non c’è più!Vincenzo non è più il bambino di allora, che va con il nonno Mastro bottaio in campagna; nel frattempo è diventato egli stesso nonno e credo vorrebbe portare per mano le sue nipotine in quei luoghi dove il Rispetto, la Natura e l’Amicizia non sono soltanto parole ma momenti di vita quotidiana, che prendono forma attraverso i comportamenti. Ecco, credo che questa “favola vera” sia stata scritta anche per portare le sue nipotine in un luogo che merita di essere ricordato. E come in tutte le favole, oltre alla morale, ci sono personaggi meravigliosi, come il pesce Peppì e il toro Giovì, ed anche degli insegnamenti di vita. Vincenzo ci insegna quello che ha imparato da quel mondo, come per esempio il fatto che vale sempre la pena seguire le proprie passioni perché “anche se non ti cambiano la vita, ti aiutano a viverla meglio”; ed anche che ciascuno deve “decidere della propria vita perché chi si lascia condizionare avrà un’esistenza grigia e non conoscerà l’arcobaleno”.E Vincenzo è uno che ha scelto di vivere la sua vita a colori ed in questa bellissima favola ci mostra uno straordinario caleidoscopio.

Roberto Centorame

L'AUTORE: VINCENZO MELCHIORRE RICCI

Sono nato ad Atri, appena dopo la seconda guerra mondiale. Sono venuto al mondo una mattina di un freddo novembre uscendo dal ventre di mia madre di piedi, in quell’umido basso di vico Rane al confine tra via Trinità e via Pietro Baiocchi. La mammina che assistette mia madre disse a mio padre che sarei stato un bambino fortunato. I miei genitori: Nadina Astolfi e Gaetano Melchiorre Ricci.
Ho tanto viaggiato nella mia vita, ma qui dove sono nato ho voluto sempre ritornare. In questo posto, dove i miei ricordi e le mie radici trovano ancora odori, sapori e colori.
Ho scritto questo racconto per dare un senso ai miei ricordi di eterno ragazzo sognatore e per dare il giusto valore all’amicizia, che il quel tempo aveva un significato unico e speciale.

 

 

 

 

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